Pane: you speak Italian?

Il pane è da sempre il simbolo della genuinità, bontà e naturalezza. Oggi, però, la genuinità del pane è messa a dura prova proprio dalla sua materia prima: il frumento e la sua successiva raffinazione, la farina.

E’ in atto, oggi, una seria discussione tra agricoltori e produttori di pane e pasta i quali, sembra, senza saperlo sono due facce della stessa medaglia. Secondo gli agricoltori un pacco di pasta su tre è prodotto da farine provenienti da Paesi dell’ Est come, ad esempio, l’Ucraina e con le stesse farine viene prodotto il pane che quotidianamente consumiamo sulle nostre tavole. Per i produttori di pasta e pane, invece, le farine derivanti da  frumenti impiegati nella produzione di pasta e pane sono di ottima qualità e tutti italiani. Ovviamente qui siamo nel campo della grande industria alimentare della pasta dove le multinazionali da sempre sono a caccia del miglio prezzo anche, a volte, a scapito della qualità. Qualche giorno fa Coldiretti denunciava il fatto che nell’anno appena trascorso il prezzo del grano italiano ha subito un calo del 31%, questo perchè l’Italia ha acquistato da altri Paesi dell’UE quasi 5 milioni di tonnellate di frumento tenero e oltre 2 milioni di tonnellate di frumento duro. Il dato è certamente allarmante, non solo per i nostri panificatori che giornalmente fanno sacrifici per offrire un prodotto genuino e fatto con farine italiane e che devono fronteggiare una concorrenza massiccia e sleale, ma anche per i consumatori che sono sempre più confusi nelle scelte d’acquisto nel dispersivo mondo della globalizzazione. Allora parlare di Made in Italy significa pure,e soprattutto, parlare di pane e di pasta. Se leggiamo l’etichetta delle confezioni di pasta che comperiamo non v’è traccia della provenienza delle farine al massimo, oltre i normali valori nutrizionali, possiamo ricavare come ulteriore informazione il fatto che lo stabilimento in cui è stata prodotta la pasta può utilizzare uova. Esaudiente dal punto di vista del pericolo allergeni ma certamente non esaudiente ai fini della rintracciabilità del frumento. E’ importante, dunque, difendere anche i coltivatori italiani di frumento e il nostro meridione che vede regioni come Sicilia e Basilicata protagoniste nella coltivazione di grano duro rispetto alle altre regioni Italiane. Anche la Calabria, se pur con dati meno significativi rispetto alle precedenti regioni, presenta una piccola percentuale di produzione di grano. Certo il Bel Paese non può soddisfare  tutta la domanda ed è per questo che si ritrova ad importare grani dall’estero e questo succede da sempre) ma sarebbe giusto per il consumatore sapere anche la provenienza del frumento e/o delle farine. Nell’ottica della salvaguardia del territorio, della valorizzazione dei prodotti locali, dell’esaltazione dei prodotti autoctoni, è bene sensibilizzare l’interesse dei consumatori verso quei prodotti che giornalmente consumano, forse senza farci neanche caso come il pane e la pasta.
Chiedete pure al vostro fornaio la provenienza delle farine che usa nei suoi impasti per ottenere pane e indirizzate le vostre scelte verso quei prodotti nati da materie prime italiane come dal frumento siciliano o pugliese. I nostri fornai sono l’ultimo anello della catena dell’industria molitoria e  anch’essi sono vittime della globalizzazione ma  sono sempre più consapevoli che offrire un prodotto chiaro, trasparente, veritiero è un valore aggiunto ai loro sacrifici quindi anch’essi si impegnano nel rifornirsi di materie prime italiane.
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