Carne rossa: moderazione privilegiando il consumo locale

Rientrava nella lista dei cibi più consigliati insieme a latte e uova (a volte imposti) dai nostri nonni e dai nostri genitori. Parliamo della carne rossa, oggi al centro di uno studio che la classifica come cancerogena.

Sicuramente ai nostri tempi non si mangiano i cibi di una volta, alimenti che oltre ad appagare il gusto appagavano anche la vista e l’olfatto. Gli odori ed i sapori legati al cibo lasciano spazio a prodotti sempre più standardizzati e “robotizzati” in tutta la loro catena produttiva che spesso lasciano un senso di delusione una volta assaggiati.
Che la carne rossa, gli insaccati compresi wurstel ed hamburger siano un fattore di rischio per lo sviluppo di neoplasie lo si sospettava da tempo ma mai i produttori di carne ed i consumatori si sarebbero aspettati che l’Iarc ( Agenzia per la ricerca sul cancro) paragonasse il consumo di carne e derivati alla stessa stregua del fumo di tabacco o dell’ amianto in termini di cancerogenità.
Questo aspetto rimette in discussione tutta la piramide alimentare dove adesso vedrà eliminati completamente i prodotti di origine animale (?), spero che i nutrizionisti a tal proposito si esprimano al meglio nel chiarire gli aspetti legati ad un’alimentazione equilibrata. Sicuramente negli USA la percentuale di tumori correlata al consumo di carne è in aumento perchè in America si adotta una dieta completamente diversa dalla nostra. Il consumo di salsiccia, bacon e wurstel avviene già alla prima colazione, a differenza di noi Italiani che releghiamo il consumo di questi alimenti magari la sera o addirittura in concomitanza di feste patronali. Poi c’è anche l’aspetto legato alla ristorazione collettiva dove in america sempre più persone pranzano nei così detti fast-food.
Da un punto di vista, invece, legato alla tecnologia alimentare che entra a pieno merito in materia di conservanti ed additivi c’è sicuramente da dire che in un mercato globale dove i prodotti alimentari viaggiano da un punto ad un altro del pianeta in tempi record si avverte la necessità di aumentare il più possibile la loro shelf life (così detta vita di scaffale). Per fare questo si utilizzano, appunto, i conservanti che hanno lo scopo di prolungare la normale data di scadenza dell’alimento.
La riflessione che ne scaturisce da tutto ciò è che oggi, più che mai, si deve avvertire l’esigenza di un consumo locale. Il vecchio macellaio di fiducia è l’unico che può garantire la provenienza, l’allevamento, la macellazione e l’alimentazione a cui è stato soggetto l’animale.
Non dimentichiamo, poi, che la Dieta Mediterranea (DM) comprende e ammette un moderato uso di carne nella dieta. Va sicuramente detto che nell’era delle patologie dell’abbondanza deve esserci un più ampio consumo di frutta, verdura ed ortaggi a scapito di prodotti molto ricchi in grassi ma anche qui, ad es., si pone il problema dei fitofarmaci anch’essi indiziati come tossici per l’organismo. E allora, cosa fare? Sicuramente “mangiare con misura dai due regni di natura” non dimenticando di acquistare da produttori il più possibile vicini al nostro territorio.

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