Falso Made in Italy: la GdF smaschera i millantatori del tricolore

E’ delle ultime ore l’operazione della Guardia di Finanza di Torino: la merce proveniva da Olanda, Ungheria e Spagna ma sull’etichetta riportava i simboli tipici del made in Italy. Due persone denunciate per frode in commercio, 4 milioni di prodotti cautelati.

Sono sempre più numerose le imprese alimentari che decidono di apporre sulle confezioni dei propri prodotti il segno Made in Italy.

È innegabile che il Made in Italy richiami, nell’immaginario collettivo, una serie di elementi valorizzanti, primo tra tutti una precisa denominazione spaziale, percepita come uno stile di vita, come “quel qualcosa in più” capace di attribuire al prodotto caratteristiche, anche qualitative, peculiari. Di qui la capacità del segno di riuscire a condizionare le tendenze di acquisto, mediante l’attribuzione al prodotto di pregi inducibili dalla provenienza dal Bel Paese.

Il fenomeno del falso cibo italiano è in spaventosa crescita; aumenta il falso Made in Italy, che consiste nell’indicare falsamente l’origine italiana del prodotto, in realtà avente origine estera, ed aumenta pure la pratica di “Italian Sounding”.

L’Italian Sounding consiste nell’evocare falsamente l’origine italiana in un prodotto non italiano, attraverso l’utilizzo di nomi, parole, immagini (pensiamo, ad esempio, alla bandiera tricolore, all’effigie del Colosseo o del Duomo di Milano, ecc.), che richiamano l’Italia, in modo da indurre il consumatore a credere erroneamente che il prodotto sia di origine italiana. Di recente, la pratica di Italian Sounding è stata inserita tra gli atti di pirateria di cui all’art. 144 Codice della proprietà industriale (D. Lgs. n. 30/2005).

Entrambi questi fenomeni di “cibo taroccato” traggono vantaggio in modo improprio da un’identità e da una reputazione sfruttate in modo indebito e spesso intaccate negativamente.

Avviene, sovente, che molte imprese agroalimentari italiane vengano acquistate da compagnie e gruppi stranieri. Il nome suona italiano e viene associato all’impresa originaria che ha prodotto il bene, ma il segno “Made in Italy” perde inevitabilmente significato, in ragione, ad esempio, della delocalizzazione produttiva, dell’utilizzo di materie prime non locali, dell’omologazione dei prodotti.


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